Google - Australia: lo scontro

Lo scorso  dicembre nel parlamento australiano si è discusso un disegno di legge che cambierebbe le norme d’utilizzo dei contenuti giornalistici per le piattaforme Internet. Quest’ultime, infatti, dovrebbero pagare i vari media i cui contenuti compaiono nei loro sistemi.

Google, ovviamente, sarebbe una delle compagnie più colpite e si è subito fortemente opposto. Si è detto pronto ad intraprendere un’azione a dir poco drastica. Ha dichiarato che per i propri clienti australiani diventerebbe difficile utilizzare il motore di ricerca.

La cosa non si fermerebbe qui. Sarebbe a loro impedito anche di usufruire in pieno di Youtube, poiché anch’esso appartiene a Google. Tale misura andrebbe ad influire sui 19 milioni di persone che utilizzano tali programmi, una grossa percentuale dei 25 milioni di abitanti dell’Australia.

Il governo australiano ha sviluppato la nuova proposta di legge partendo da un ragionamento sui guadagni pubblicitari ottenuti attraverso utilizzo dei contenuti giornalistici online. Secondo la loro visone, è ingiusto che Google e le altre piattafome siano i soli a ricavarci profitto. Dovrebbe essere richiesto loro di cederne una parte ai creatori dei contenuti. Inoltre, hanno sottolineato come il mercato degli ADS online sarebbe troppo sbilanciato in direzione di Google e simili.

Tale posizione è stata supportata anche dagli editori. Essi hanno dichiarato che il mondo dell’informazione è uno dei capisaldi delle piattaforme online. Sono ciò che porta un arricchimento a livello di contenuto e rende il tutto quindi maggiormente allettante per i fruitori.

Comunque, sembra che Google, prima di passare ad eventuali azioni drastiche, stia tentando il confronto. Lo stesso Facebook è intenzionato a fare la stessa cosa. I due colossi, infatti, hanno aperto un dialogo con le autorità australiane.

Oltre a ciò, hanno intavolato diverse discussioni con i maggiori media d’Australia. L’intento è quello di accordarsi su cifre e modalità di pagamento per i loro servizi. Tuttavia, per ora, non hanno ottenuto alcun risultato.

A spiegare la posizione del colosso informatico è stata anche Melanie Silva, la responsabile di Google in Australia e Nuova Zelanda. Si è espressa così verso la commissione del Senato: “se questa versione della legge dovesse entrare in vigore, l’inimmaginabile rischio finanziario e operativo non ci darebbe altra scelta che non mettere più a disposizione Google Search in Australia”.

Nelle sue dichiarazioni non ha parlato di YouTube. Secondo l’agenzia stampa Reuters ciò sarebbe dovuto al fatto che alcuni recenti cambiamenti lo escluderebbero dalla contesa. Silva, però, aggiunto che Google non potrebbe dare agli utenti un tool di ricerca con funzioni ridotte. Una modalità del genere comporterebbe, infatti, un pericolo troppo alto.

Scott Morrison, il primo ministro australiano, ha controbattuto duramente. Ha spiegato alla stampa che “chi vuole fare affari con l’Australia è il benvenuto, ma noi non reagiamo alle minacce”.

La situazione è ancora estremamente in bilico. L’unica cosa che si sa è che, se non ci sarà un accordo, entrerà in gioco la commissione governativa. Quest’ultima si esprimerà sul tipo e sulla consistenza dei compensi da elargire ai vari media.

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